Quante volte nella vita abbiamo fallito? Un progetto, un esame, una presentazione, una scelta di carriera…
Sono tantissimi i casi. Alla base l’errore. Da condannare, nascondere, omettere e così, purtroppo, ripetere.
L’errore può essere visto da 2 lati.
L’errore da parte di chi lo ha commesso e l’errore visto dal capo chiamato a gestirlo.

Dalla parte del capo.
Prima di giudicare cominciamo con l’analizzare il nostro atteggiamento.
Siamo sicuri di aver dato un brief adeguato, aver inquadrato l’obiettivo, aver spiegato, messi i paletti?
Abbiamo stabilito la commisurazione tra compito e livello di competenze? Abbiamo controllato lo sviluppo del lavoro? Abbiamo fatto esibire il nostro collaboratore in equilibrio sul filo e senza rete?
Una volta raccolte le idee si condivide l’errore, si analizza assieme al collaboratore e gli si riconosce stima e fiducia in modo che possa lanciarsi, innovare senza più ripetere lo stesso errore.
Ma veniamo a chi l’errore lo compie. Come affrontare un fallimento?
Proprio in questi giorni è uscito il libro dell’alpinista di Bergano Simone Moro dal titolo “Ho visto l’abisso”. Non è solo metafora. Lui cade in un crepaccio e sopravvive e al ritorno vuole raccontare a suo figlio come affrontare i fallimenti.
Dalla nascita noi sbagliamo, quando iniziamo a camminare, cadiamo, ma poi per successive fasi di prova ed errore impariamo a stare in piedi e a correre.

Ma come uscire dallo sconforto di un fallimento, di un insuccesso in qualsiasi campo della nostra vita?
Intanto non bisogna negare l’errore, il fallimento, l’abisso, bisogna affrontarlo, analizzarlo.
“Saper perdere è stata la scuola per imparare a vivere e vincere”
Simone Moro
Scriversi tutti gli errori commessi e ripianificare l’attività.
Occorre resistere, non avere vergogna, analizzare, annotare, correggere e ripartire. Saggezza, motivazione e autodisciplina per saper reagire.
Saper perdere è la scuola per imparare a vivere e vincere. Solo così, come dice Moro, l’insuccesso sarà semplicemente la posticipazione del successo.