Un giorno mio figlio, giocando a casa con il pallone, rompe il manico di una zuccheriera. Corre dalla mamma piangendo col manico in mano. Mia moglie lo sgrida.
Un paio di anni dopo il mio secondogenito sempre con una pallonata rompe un posacenere. Prende la colla lo rimette a nuovo (o quasi), va da mia moglie e gli dice: “mamma ho rotto questo posacenere. L’ho rimesso in sesto. Scusa ho fatto una cavolata, e non giocherò più a pallone in sala”.
Mia moglie gli dice: “Fai più attenzione”. E non lo sgrida.

Se sbagliare è umano. Il punto è il dopo, la gestione dell’errore.
Quel che non deve avvenire è bloccarsi, rimuginare stare male. L’errore non può e non deve essere una zavorra. Noi dobbiamo essere proiettati al futuro e non rimanere ancorati agli errori passati.
- Prima cosa limitare i danni.

Circoscrivere il problema; contenere gli effetti, ridurli. Obbligatorio agire. Mantenere la calma, pensare alle soluzioni e agire.
2. Una volta limitati i danni: analizzare le cause.

Prendere coscienza dell’errore, delle cause. L’errore deve essere un insegnamento. Vietato ripeterlo.
3. Individuate le ragioni è ora di uscire allo scoperto. Presa di responsabilità, maturità. “Ho fatto un errore, ma ho reagito con queste soluzioni. Il danno è limitato. Le cause sono state queste e non le ripeterò più”.

Il capo che sente queste parole reagirà con soddisfazione. “Quanto è responsabile e maturo!”. “Bene!”.
Insomma gestiamo gli effetti, analizziamo le cause, prendiamo la responsabilità. Solo così saremo liberi del fardello del passato e potremo riprendere a volare da dove eravamo rimasti.
Comunque, sbagliamo con moderazione, eh!