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Pricing – Revenue Management

giuliobonini

La definizione del prezzo al pubblico a cui vendere un prodotto è un esercizio complesso. Vediamo ad esempio nel caso di innovazione.

Una volta che il marketing ha identificato il bisogno da soddisfare, coprire e studiato un prodotto idoneo e innovativo con la Ricerca e Sviluppo, si passa attraverso due fasi che in realtà sono simultanee, ma che per semplicità separiamo.

𝐅𝐚𝐬𝐞 𝟏 𝐢𝐥 𝐂𝐨𝐬𝐭𝐢𝐧𝐠 ovvero la definizione di quanto costi il prodotto identificato. Sulla base degli obiettivi di margine (sui costi variabili) viene individuato un prezzo di listino che attraverso la scala sconti canale porta ad un determinato prezzo al pubblico (pap) che viene ritenuto equilibrato in termini di valore pezzo ed €/kg per il consumatore.

𝐅𝐚𝐬𝐞 𝟐 𝐭𝐫𝐚𝐝𝐞 𝐦𝐚𝐫𝐠𝐢𝐧, si verifica che il listino e il prezzo al pubblico assicurino al trade, ai retailer, il corretto margine.

Qualora questo non si realizzasse occorrerà agire o sul listino o sul prezzo al pubblico.

1. Si alza il pap se c’è spazio nel valore del prodotto, tanto più elevato quanto più alto sarà il livello di servizio offerto e se non c’è un punto prezzo sensibile (es. 1,99€).

2. Si abbassa il listino attraverso:

  • Revisione ricetta;
  • Riduzione peso proporzionale (€/kg al consumo più alto);
  • Riduzione margine.

Come potete comprendere si tratta di un processo di fine tuning molto delicato dove il margine di filiera deve essere garantito per tutti e due gli attori (industria – trade) senza essere troppo oneroso per il consumatore.

In questa prospettiva il prezzo di un nuovo prodotto è un prezzo scolpito nella roccia, che deve tenere e, al minimo segno di cedimento, causa concorrenza orizzontale retail, deve far scattare un’azione di recupero: far ritornare i competitor al prezzo consigliato.

Questa attività di riposizionamento ai prezzi consigliati è molto complessa e riguarda non solo l’innovazione, ma tutta l’offerta dell’azienda. Anzi è proprio sui prodotti existing e pillar che si concentra l’attività di concorrenza del trade.

Pare un paradosso, l’industria lancia un prodotto ad un prezzo consigliato e poi i retailer si fanno la guerra scendendo di prezzo per trasferire economicità al consumatore/shopper. All’industria il compito di risalire sebbene non abbia nessuna responsabilità. In effetti è l’unico “arbitro” che possa far tornare la piazza ai consigliati, proponendo date di allineamento agli attori coinvolti.

Le mappe prezzi. Nella gestione di un’attività così complessa ci vengono in soccorso le così dette mappe prezzo. Si tratta in sostanza della scomposizione di aree ad es. una provincia in zone più piccole all’interno delle quali si trovano i punti vendita, appartenenti a più insegne, in concorrenza tra loro. Ogni retailer ha le proprie in funzione di obiettivi di competitività e bacini d’utenza. All’industria il compito di unificarle e ricostruire mappe omnicomprensive, talora fin troppo vaste. Nel caso in cui un prezzo iniziasse a degradare ecco che si può intervenire puntuali su quella data mappa per riportare il prezzo al consigliato.

Rischi di disallineamenti.

Se non si vogliono correre rischi di peggioramento della qualità espositiva se non addirittura dereferenziamenti occorre senza indugio seguire l’andamento dei prezzi al pubblico per riportarli ai consigliati. Si tratta di preservare il margine di filiera per evitare inefficienti contrasti industria retailer e ingiustificate richieste improprie.

Una buona idea organizzativa è inserire all’interno dell’organizzazione dell’industria una figura di Price management dando per scontato che si disponga di un panel di p.v. presidiati da Instore Key Account e merchandiser per controllare i prezzi e i relativi trade margin.

Anzi mai come in questo momento di forti tensioni inflazionistiche è necessario un ruolo aziendale che garantisca anche l’intero margine di filiera insomma quello, un po’ più senior, di Revenue Management.

You’ve got to earn it ce lo dicono i Temptations.

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