Un buon assortimento è quello che differenzia l’offerta di p.v., questa è la risposta che ha ricevuto più consensi al sondaggio lanciato su LinkedIn.
Ben il 54% delle risposte ritiene che l’assortimento sia un ottimo strumento atto a differenziare l’offerta. In sostanza una volta identificato il 20% delle referenze che sviluppa l’80% del giro d’affari, e tenuto conto dei vincoli contrattuali con le aziende fornitrici, lo sforzo dei retailer dovrebbe andare verso la ricerca di quelle referenze che possano qualificare l’assortimento e che siano in grado di generare un posizionamento specifico nell’offerta, anche legato alle tradizioni locali e alle tipicità geografiche.

Referenze in grado di dare valore e di rispondere ai bisogni specifici del target di riferimento del p.v.. Sotto questo aspetto all’assortimento di base o zoccolo duro, si dovrebbe affiancare un assortimento specifico di p.v. dando allo stesso la possibilità di inserire referenze particolari per rispondere ai localismi.

Una volta definito l’assortimento questo, sempre secondo il sondaggio, dovrebbe essere incarnato in un display di facile lettura per il consumatore.
Il 33% ritiene che il display debba essere leggibile. Quindi individuare la chiave di lettura del display, marca/prodotti/gusti (aromi)/segmento e poi attribuire ad ogni referenza il giusto spazio, il 10% delle risposte ritiene che il buon assortimento è quello che ha le corrette quantità a scaffale.
L’ultima variabile che viene ritenuta interessante per un buon assortimento è la convenienza di prezzo, solo il 3% ritiene che sia importante nella proposta assortimentale.

Questa risposta fa a pugni con la quotidianità dove l’indice di competitività è uno degli aspetti più importanti della competizione fra retailer.
Si distrugge valore per cercare di essere convenienti in una continua lotta al ribasso. Forse è la via più facile, quella che non ti fa fare scelte assortimentali, che non ti fa ricercare un posizionamento sul servizio e sull’offerta, che non ti fa fare ricerca sui trend dei segmenti e sulle tendenze del momento, insomma la via più facile, ma quella più fragile, quella che distrugge valore.
E allora lavoriamo industria e retail sul Category, la sintesi della collaborazione, per dare valore alla filiera.
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